Quella che mi appresto a pubblicare non è una delle recensioni più facili che abbia scritto. "I cento colori del blu" è stato uno dei libri da me più attesi in questo 2014, per cui erano molto alte le aspettative nei suoi confronti. Come potrete notare dalla mia recensione, durante la lettura di questo romanzo si sono susseguiti continui alti e bassi e, per quanto una parte di me ha adorato questa storia, l'altra parte di me, quella più puntigliosa, ha notato alcuni difetti. Come sempre, sottolieo che per me le tre stelle implicano la sufficienza, ergo: il romanzo non è sconsigliato!
Data di pubblicazione: 3 aprile 2014
Titolo: I cento colori del blu
Tutti a scuola conoscono Blue Echohawk. Abbandonata da sua madre quando aveva solo due anni, Blue non sa se quello sia il suo vero nome né quando sia davvero il suo compleanno. Ma ha imparato a fuggire il dolore con atteggiamenti da ribelle:indossa sempre vestiti attillatissimi e un trucco pesante. E soprattutto il sesso è il suo rifugio, un gioco per dimenticare tutto, per mettere sotto chiave le sue emozioni. A scuola poi è un caso disperato. Eppure il suo nuovo insegnante di storia, il giovane Darcy Wilson, non la pensa così: Darcy crede in lei, e sa che Blue ha bisogno di capire chi sia prima di trovare un posto nel mondo. E così la sprona a guardarsi dentro e a ripercorrere il passato, a scrivere la sua storia, a dar voce alle sue emozioni. Tra i due nasce una grande amicizia, e forse, a poco a poco, qualcosa di più: un sentimento forte, travolgente, a cui ciascuno dei due tenta in tutti i modi di resistere…
Recensione
Non è facile recensire un libro che tutti sembrano aver amato alla follia, tranne me. Ma capita e l'unica cosa che posso fare al riguardo è essere sincera fino al midollo e sperare che tutti coloro che abbiano amato questo o quel romanzo non decidano di usarmi come bersaglio su cui tirare delle frecce ben appuntite.
E' il caso di "I cento colori del blu", di Amy Harmon, pubblicazione new adult che recentemente ha riscosso i consensi della maggior parte dei lettori italiani. La drammatica storia narrata dalla Harmon ha infatti sfiorato il cuore di molti, ma non è riuscita a convincere pienamente me. Non mi riesce difficile comprendere perché la storia della giovane protagonista alle prese con le difficoltà della vita abbia convinto così tanto il pubblico, eppure mi è sembrato che il romanzo fosse paradossalmente carente sul piano emotivo.
Per quanto intensa e toccante sia la vicenda narrata dalla Harmon, mi è parso difficile riuscire a entrare in sintonia con la protagonista e alcune forzature mi hanno spinto a tenere le distanze dal corso degli eventi. Nonostante abbia trovato piacevole la lettura di questo libro e non mi senta di sconsigliarlo a nessuno, in particolar modo a chi cerca storie cariche di dramma che sappiano emozionare, ne sono rimasta un tantino delusa. Forse perché in patria viene spesso paragonato a "Tutto ciò che sappiamo dell'amore" (paragone che non regge), forse per la quinta di copertina, mi ero creata delle aspettative abbastanza alte nei confronti del romanzo della Harmon. Aspettative che non sono state colmate in pieno.
Quello che ho capito durante la mia vita di lettrice è che ci si può far piacere senza troppe cerimonie un libro palesemente d'intrattenimento, ma che si diventa più esigenti al cospetto di un romanzo da cui ci aspettiamo di più. Ecco, io da questo libro mi aspettavo decisamente di più, viste le premesse. Perciò, pur avendo apprezzato la storia d'amore e a grandi linee l'intera trama, non mi sono sentita pienamente soddisfatta dal romanzo nella sua totalità, ma mi spiegherò meglio durante la recensione, per non lasciare alcun dubbio sul mio pensiero.
Jimmy mi chiamava Bluebird. Era il nomignolo che aveva scelto per me. Ma non somigliavo affatto a un uccellino azzurro… un animale tenero, allegro, spensierato. Ricordavo più un’arpia, una donna-uccello, un mostro con tanto di artigli ricurvi e affilati. Ero pronta a trascinare all’inferno chiunque mi si fosse messo contro, e punirlo con tormenti eterni. Forse non era colpa mia se ero fatta così. Da "I cento colori del blu"
La trama narra di Blue, una protagonista davvero unica nel suo genere. A diciannove anni frequenta ancora l'ultimo anno di liceo, non conosce il nome dei suoi veri genitori e nemmeno il proprio. Blue è stata abbandonata all'età di tre anni, è cresciuta tra le cure amorevoli di un padre con cui non condivideva legami di sangue e che ha perso troppo presto e ora lotta per trovare il proprio posto nel mondo.
Ammetto di aver provato subito un senso di empatia nei confronti della protagonista. E' difficile non farsi sconvolgere dal suo passato, come è impossibile non provare dispiacere e pena per la sua vita presente. Blue crede di essere sola e destinata all'oblio, un'anima ormai perduta. Non immagina che Darcy Wilson, il suo nuovo insegnante di storia troppo zelante, con il suo accento inglese e la sua fissazione per la letteratura, riuscirà a dimostrare che in Blue si nasconde molto di più di quello che tutti vedono.
Quello che credevo di trovare in questo libro, e di cui avevo anche un po' paura, era una relazione al limite del lecito tra un insegnante e un'alunna. Ma, gioia delle gioie, ciò che ho trovato è stato molto di più, almeno dal punto di vista puramente romance. Infatti tra Darcy e Blue sboccia una particolare amicizia, fatta di sguardi truci e sfide poco celate, che consente alla protagonista di crescere e maturare in modi inattesi. Nessun amore torbido o passione proibita per Darcy e Blue, solo una strano rapporto di amicizia che cresce nel tempo, che si arricchisce con il trascorrere degli eventi e riempie le pagine del libro di un piacevole realismo. La loro è forse una delle storie d'amore più vere e possibili in cui mi sia imbattuta e la cosa che ho amato di più dell'intero libro.
Come avrete capito, ci sono delle cose che ho particolarmente apprezzato, altre che mi hanno contrariata più di quanto avrei immaginato. Ma lasciate che mi spieghi meglio.
«Nessuno di noi è responsabile del luogo in cui è cresciuto, Blue. Ma nessuno di noi è costretto a restare dov’è stato gettato. Perché non guardi al tuo percorso futuro, invece che alla tua origine? Perché non ti concentri su cosa ti farà brillare, e non su ciò che ti fa rabbia? Non riesci a cogliere un elemento chiave della leggenda: forse la morale è che siamo stati tutti scolpiti, creati e formati dalla mano di un maestro. Forse siamo tutti opere d’arte». Da "I cento colori del blu"